Domani sarebbero 78

Sarebbero stati, lo so.

Che delle celebrazioni non ci frega nulla, però me le fanno ricordare tutti sempre. Ok. Chi glielo dice a mia madre che nemmeno stavolta mi vedrà in chiesa? Che non mi ci vorrebbe niente, pensano forse altri, a farla contenta e accompagnarla. Che sarà mai? E’ che mi sale una bestemmia ogni volta, mi cova dentro una rabbia che mi fa del male. Allora non vado. Mi invento una scusa qualsiasi e non vado. Che poi, in verità, stavolta la scusa ce l’ho, che ho appuntamento dal dottore, uno nuovo, che a questo punto spero me lo dica lui pure, che la rabbia ha a che fare con la malattia, o la malattia con la rabbia, boh.

Cerco mio padre in tanti occhi. Lo trovo in un paio, che sono scuri e apparentemente non c’entrano. E che si sottraggono, puntualmente, come spesso hanno fatto quelli del titolare.

Domani sarebbero 78. 78 anni che mi pare così crudele non aver visto in terra, perché lui non era di quelli che si sarebbero rincoglioniti come certi vecchi. Perché ancora adesso i suoi appunti mi fanno compagnia (erano così recenti che è normale: i suoi appunti hanno meno tempo delle confezioni di pasta che ho in dispensa; hanno meno tempo della mia carta d’identità, che mi hanno consegnato l’ultimo giorno in cui lui era vivo, e ogni volta che la tiro fuori ci penso; hanno meno tempo di quasi tutte le mie scarpe, i suoi appunti, e così tutto si fa concreto e non passa nella scatola dei ricordi-punto-e-basta).

Sono arrabbiata. Il guaio è che non saprei dire con chi. Non con lui, che non è che abbia scelto di farsi scoppiare il cuore. Non con dio, perché arrabbiarsi con un amico immaginario, in my opinion, non mi cambierebbe un granché. Sono arrabbiata con me, forse, perché non riesco a farne a meno. Che si può fare a meno di un padre, c’è un sacco di gente fighissima che non ce l’ha mai avuto, un padre. Solo che io l’ho avuto e adesso lo rivoglio.

Che è vero che non è che ho perso tutto quello che. Ma io voglio che quel cazzo di libro che mi ha dato mia madre prima che partissi per l’India dicendomi “C’è il segno, è arrivato fin qua, vai avanti tu”, lo finisse lui, perché a me non frega nulla di quel libro, e vorrei solo vedere la cartolina spostata in avanti e i suoi occhiali sul tavolino del salotto. Cazzo.

E sono solo momenti che mi prendono così, lo so, perché certo l’avrei voluto qua fino a cento e passa anni, ma capisco anche bene che è normale che le persone, alcune persone, muoiano all’improvviso, una sera di inizio estate, quando tu stai già di merda per altre storie tue, e ti scombinino l’esistenza relativizzando tutto il resto e togliendoti il fiato ogni volta che ti fermi a considerare che se non sei stramazzata anche tu, quella volta lì, allora siamo davvero immensi, allora possiamo fare davvero a meno di qualsiasi cosa perché la vita ce l’abbiamo semplicemente dentro.

Deliro, lo so. E pretendo. Pretenderei. Voglio. Vorrei. Mi piacerebbe. Ok, non posso pretendere né volere. Posso esprimere un desiderio. E sto già mandando a quel paese ogni cosa, compresa me – soprattutto me – che mi aggrappo a speranze vane, perché so che il mio desiderio ha qualcosa di malsano. Mi piacerebbe. Sarebbe bello un abbraccio, in questa notte che domani sarebbero stati 78. Ma non un abbraccio qualsiasi, che so che ne avrò volendo a bizzeffe. Vorrei un abbraccio di quelli che ti sorprendono, di quelli che ti fanno capire che non sono stronzate i pensieri sull’esserci ancora della persona che più ti manca al mondo.

Mi tengo il mio delirio. Oggi la glicemia appena ho realizzato che giorno fosse è schizzata sopra il livello di guardia. Ormai ne sorrido. So quel che devo fare per tenerla sotto controllo. So che devo perseguire i desideri e imparare a trattenere l’amore. Non so come si fa, ma questo è un altro discorso, che le cose si possono imparare, piano piano.

Sarebbero stati 78. Rido pensando che si sarebbe dovuto inventare qualche stronzata delle sue, papà, perché era una di quelle cifre che a ribaltarle ti invecchiano di più, e allora come la mettiamo, eterno giovanotto che non ha mollato mai, fino a mollare tutto in un botto?

Rido, ecco, ora rido. Ho appena postato su facebook una canzone bellissima del mio amico Davide. E’ dedicata a un grande uomo. E a un padre. Ci sono dentro parole tonde che avrebbe detto anche il mio, di padre, magari in modo un po’ più rude. Ma “Ridere e Reagire” sarebbe stato un buon mantra, per lui, se solo avesse saputo che cos’è un mantra.

Basta. Tra meno di un’ora è mezzanotte. Augurerò buoni sogni a chi più di tutti me lo ricorda. Magari non servirà ad avere un abbraccio, ma a sentirsi amato sì, e il bene ritorna, questo lo so. Perché – tra l’altro – me l’ha insegnato mio padre.

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1 thoughts on “Domani sarebbero 78

  1. margherita cavallo ha detto:

    ti auguro un letto di amore per te stessa su cui sdraiarti e pensare in tranquillità alle persone che ti amano e che ti hanno amato, alla bellezza interiore delle cose semplici.
    Anch’io ho avuto un Grande ma anche piccolo padre (per fortuna).
    Cerchiamo, con un atto di riconciliazione, di dare una ‘giusta’ dimensione alle cose e alle persone
    Un forte abbraccio Luisa!

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